La stagionatura del prosciutto, che impropriamente viene conteggiata comprendendo anche la iniziale fase di lavorazione, è il periodo di tempo in cui il prodotto assume ed amplifica le sue tipiche caratteristiche organolettiche: profumo, aroma, dolcezza, morbidezza e colore rosato.

Al termine dei primi sei mesi di lavorazione primarie, tipiche del periodo invernale e delle operazioni primaverili – lavaggio, asciugamento e stuccatura – il prosciutto viene messo a dimora nelle austere cantine di stagionatura per almeno un anno.

Riproducendo gli spazi delle cantine delle antiche case di campagna, ben aerate e con muri spessi per garantire ambienti freschi, le moderne sale di stagionatura (dette appunto “cantine”) devono avere le stesse prerogative. Quindi, muri ben isolati, sia per l’inverno che per l’estate, e la presenza, obbligatoria per disciplinare, di finestre contrapposte che possano favorire lo scambio di correnti d’aria tipiche del microclima del territorio, senza però far entrare la luce del sole che farebbe ossidare la frazione grassa del prodotto. Un’alternanza di clima secco e di clima umido (estati tendenzialmente calde e poco piovose contrapposte ad inverni umidi e nebbiosi) che assicura al prosciutto i suoi caratteri peculiari. Naturalmente la moderna tecnologia viene in soccorso in caso di condizioni “estreme”. Se l’estate è molto calda, quindi, gli impianti garantiscono temperature attorno ai 20 C°. D’inverno, generatori di calore di qualsiasi tipo portano l’ambiente a 16 C°, temperatura minima per permettere la maturazione della carne e la sua compattezza. Qui si scontrano due scuole di pensiero. Da una parte chi dice che più è alta la temperatura – ben oltre i 20/22 C° – più i profumi si sviluppano maggiormente. Verissimo. Ma, dall’altra, ed è oggi la maggioranza, c’è invece chi, come noi, rileva sul rovescio della medaglia la secchezza superficiale del prodotto, una esagerata ossidazione, un eccessivo calo peso e, soprattutto, un indice di proteolisi che scappa oltre i limiti imposti, soprattutto in funzione dell’allungamento medio della stagionatura e della minor quantità di sale, causando effetti collaterali sulla percezione del gusto.

Di straordinaria importanza il mantenimento delle rastrelliere in legno dove sono appesi i prosciutti. La naturalità del legno assorbe e trasmette nel tempo muffe e lieviti pregiati dell’ambiente che favoriscono i profumi e gli aromi. Il legno inoltre lascia respirare il dorso del prosciutto (cosa che non avviene posandosi all’acciaio delle asettiche cantine industriali) ed è un efficacissimo stabilizzatore dell’umidità della cantina.

A metà stagionatura, gli operatori più accorti e qualificati ritengono comunque prassi necessaria ripassare con lo stucco la superficie scoperta del prosciutto, per mantenerne inalterata la morbidezza anche per i mesi a venire.